Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e autostima

“F. è un bambino che frequenta la 3^ elementare, i genitori riferiscono di avere difficoltà nella gestione dei compiti a casa. Il bambino si lamenta spesso perché bisogna “leggere e scrivere” e anche le maestre segnalano svogliatezza, scarsa motivazione e rallentamento in alcuni processi di apprendimento”.

“F. è un bambino che frequenta la 3^ elementare, i genitori riferiscono di avere difficoltà nella gestione dei compiti a casa. Il bambino si lamenta spesso perché bisogna “leggere e scrivere” e anche le maestre segnalano svogliatezza, scarsa motivazione e rallentamento in alcuni processi di apprendimento”.

Dalla valutazione neuropsicologica emerge un quoziente intellettivo adeguato rispetto ai parametri di età e scolarità ma difficoltà in compiti di lettura e scrittura.

Prima di arrivare ad una diagnosi, può succedere che le insegnanti ipotizzino che il bambino sia “svogliato” e che gli stessi genitori sottovalutino il problema, rimandando il consulto con uno specialista.

Nel frattempo, il bambino si accorge che non “sa fare come gli altri” e incomincia quindi ad elaborare una immagine di sé di auto-svalutazione e sfiducia.

In questo clima di confusione iniziale, spesso i genitori arrivano da me disorientati e con molti sensi di colpa.

Le domande più frequenti che mi rivolgono i genitori nei primi colloqui sono: “ma è stata colpa nostra?”, “abbiamo sbagliato qualcosa?” “le insegnanti non sono in grado di spiegare a mio figlio queste cose, ce l’hanno con lui?”

La prima cosa da sottolineare al riguardo, è che i DSA sono per definizione clinica, DISTURBI SPECIFICI EVOLUTIVI DELL’APPRENDIMENTO DI ORIGINE NEUROBIOLOGICA.

Questo significa che i bambini con DSA, hanno una predisposizione neurobiologica a sviluppare un disturbo di apprendimento che può comportare difficoltà nella lettura (dislessia), nella scrittura (disgrafia) o nel calcolo (discalculia).

In questa prospettiva, un disturbo di apprendimento, si configura come una caratteristica innata che, se non supportata, può compromettere il normale processo di crescita psicologica e di apprendimento cognitivo.

Cosa fare?

Nel caso di sospetto disturbo di apprendimento, effettuare una diagnosi neuropsicologica è molto importante. Ciò consentirà, di avere indicazioni molto più chiare e provvedere ai necessari interventi.

La diagnosi spetta ad uno specialista: un genitore o un insegnante possono cogliere dei campanelli di allarme ma non hanno le competenze necessarie a tal fine. Il consiglio è quello di contattare tempestivamente specialisti del settore al fine di evitare l’instaurarsi di meccanismi di auto-svalutazione e sfiducia nelle proprie capacità da parte del bambino e fornire lui delle adeguate strategie di compenso.

In caso di dubbi, è consigliabile effettuare dei test standardizzati a partire anche dalla prima elementare, in quanto, seppur sia presto per una definizione diagnostica (che può essere effettuata intorno alla fine della seconda elementare per la scrittura e la lettura e della terza elementare per il calcolo), permette comunque di avere un’idea delle iniziali difficoltà del bambino e supportarlo fin dalle prime fasi del processo di apprendimento.

Tramite la diagnosi neuropsicologica, è possibile valutare con test standardizzati, il livello cognitivo del bambino e le sue capacità di apprendimento, nonché proporre un piano di trattamento ad hoc che può prevedere, a seconda dei casi, l’avvio di una terapia di supporto psicologico e di terapia logopedica.

Dall’entrata in vigore della Legge 170/2010 e del DM 5669 del 12/07/2011, le conoscenze riguardo questo tipo di disturbo, sono molto più chiare, eppure molti genitori, anche se preoccupati al momento di portare il proprio figlio a fare una valutazione neuropsicologica, entrano in uno stato di agitazione perché non sanno che cosa vuole dire nella pratica.

Cerchiamo di capirlo insieme…

Di seguito l’iter diagnostico della certificazione DSA

  • Primo colloquio con i genitori per la raccolta di informazioni sulla situazione scolastica del bambino e consegna di questionari di osservazione e valutazione, sia per i genitori sia per gli insegnanti.
  • Valutazione del livello intellettivo e somministrazione di test neuropsicologici standardizzati che servono ad indagare non solo le capacità di lettura, scrittura e calcolo, ma anche altre funzioni fondamentali (come la memoria, l’attenzione e la percezione).
  • Conclusione dell’iter diagnostico: il professionista redige un referto scritto sulla valutazione effettuata, indicando i risultati delle prove somministrate e il giudizio clinico sui dati riportati.
  • La valutazione scritta viene consegnata ai genitori e alla scuola, fornendo informazioni chiare e precise sugli eventuali disturbi rilevati e sul percorso riabilitativo consigliato.

In caso di esito positivo per DSA, come previsto dalle normative vigenti è essenziale fornire una DIAGNOSI CON VALORE DI CERTIFICAZIONE che PREVEDE ANCHE DI FORNIRE INDICAZIONI SUI CORRETTI METODI DIDATTICI ED EDUCATIVI DA APPLICARE CASO PER CASO, come l’utilizzo di strumenti compensativi (es. uso della calcolatrice, del computer, ecc.) e dispensativi (es. interrogazioni programmate, tempi più lunghi per finire un compito, ecc.).

Ciò determina un lavoro multidisciplinare e l’instaurarsi di una collaborazione con la scuola, anche per l’eventuale creazione di un piano didattico personalizzato (PDP) che permette agli insegnanti, di adattare il programma didattico alle potenzialità dell’alunno con DSA.

La certificazione DSA è una diagnosi clinica con valore legale.

Pertanto, può essere emessa esclusivamente da professionisti: Psicologi e Neuropsichiatri infantili.

Dato le lunghe liste di attesa e considerando gli adempimenti burocratici, è consigliabile iniziare precocemente l’iter diagnostico.

Alcuni consigli:

Sul versante psicologico, il bambino si accorgerà senza dubbio di avere difficoltà nel leggere o nello scrivere, ma non dovremo certo fargli pesare tutto questo.

1. Bisogna inizialmente accettare e riconoscere che il bambino non è svogliato, non è pigro e tantomeno è poco intelligente. I DSA possono infatti essere diagnosticati solo dopo una valutazione neuropsicologica in cui sia accertato che il quoziente intellettivo (ossia le funzioni cognitive superiori come il ragionamento logico, la comprensione verbale, l’attenzione e la flessibilità cognitiva) sia nella norma rispetto ai parametri medi di età e scolarità.

2. Bisogna accettare e riconoscere che il disturbo è presente e quindi prenderne consapevolezza. La consapevolezza è la base per ogni tipo di trattamento terapeutico per cui sarebbe auspicabile informarsi con uno specialista rispetto alla natura dei dsa e quali possono essere gli interventi da fare.

3. Bisogna accettare e riconoscere che alcune cose non dipendono dalla motivazione del bambino ma dai suoi limiti e valorizzare i suoi punti di forza. In questo senso, la terapia è utile a trovare delle strategie di compenso del deficit e migliorare le performance del bambino.

4. Prendere consapevolezza del fatto che in base alle caratteristiche del disturbo, si può fare qualcosa e quindi capire cosa si può modificare e come farlo.

6. Accettare che qualcosa non si modificherà perché essendo il DSA un disturbo neurobiologico, è una caratteristica del bambino, del suo sviluppo evolutivo.

I disturbi specifici dell’apprendimento scolastico (DSA), sono molto frequenti e sono caratteristici di quei bambini che hanno una modalità e dei tempi di apprendimento diversi dai tempi di altri compagni; ciononostante, spesso si applicano molto di più rispetto agli altri. Il problema è che avendo bisogno di più tempo per apprendere, impiegano più tempo per arrivare all’obiettivo e al raggiungimento del risultato.

I bambini con dsa infatti, hanno un’intelligenza davvero molto sviluppata e spiccate capacità di problem solving. Sono in grado di memorizzare le immagini molto più facilmente rispetto a tutti gli altri bambini e riescono a fare collegamenti concettuali non convenzionali.

Poiché i i bambini con dsa, hanno un quoziente intellettivo nella norma, si accorgono senza dubbio delle loro difficoltà. Sminuirle o negarle serve, quindi, a ben poco.È utile, invece, parlarne apertamente, rassicurandoli e spiegando loro che avere questo problema non significa essere diversi o inferiori agli altri. Devono quindi essere rinforzate le capacità innate e i loro potenziali al fine di accrescere la loro autostima.

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Dottoressa Federica Rizza

Dott.ssa Federica Rizza, Psicologa-Psicoterapeuta-Specialista in Neuropsicologia. Laureata e Specializzata presso l’Università di Roma La Sapienza, iscritta all’Ordine degli Psicologi del Lazio con n.17264. Ha lavorato per anni presso l’I.R.C.C.S. San Raffaele Roma e l’I.R.C.C.S. Fondazione Santa Lucia per attività clinica con adulti neurologici e in età evolutiva e per attività di ricerca con diverse pubblicazioni scientifiche.

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